Perché vale la pena ricordare: Giornata della memoria

Perché vale la pena ricordare: Giornata della memoria

Per ricordare la Giornata della Memoria ogni anno mi ritaglio il tempo per leggere o rileggere un grande romanzo ambientato ai tempi della seconda guerra mondiale. L’anno scorso è toccato a La casa in collina di Cesare Pavese, quest’anno a Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Bassani.

E’ il mio modo di celebrare la Giornata della Memoria. E di rinnovare, con me stessa e con la mia famiglia, l’impegno di ricordare. Tanto più impellente oggi che, su ogni fronte, assistiamo ai fallimenti della storia.
Gli omicidi di massa di gente responsabile di appartenere unicamente a una categoria, a dispetto della memoria dell’Olocausto, continuano a ripetersi.

L’ascesa al potere del populismo, benchè i libri di storia ci raccontino come da esso siano nate le pià cruente dittature, è realtà in molti Paesi. Persino l’insostenibile quotidianità dei terremotati del Centro Italia urla con forza il fallimento della memoria, l’incapacità di imparare dagli errori del passato.
E quindi, tutto questo sforzo per ricordare non serve a nulla? “La memoria è un dono ambivalente” scrive il sociologo Zygmunt Bauman, recentemente scomparso, in un testo pubblicato dal settimanale Robinson. “E’ un dono e allo stesso tempo una maledizione. Può tenere vive molte cose che hanno un valore ben diverso a seconda dei gruppi.” E questo perchè “la memoria seleziona e interpreta”. Raccontare una storia significa prendere posizione sul corso degli eventi passati.”

Che fare, dunque? Rinunciare o ricordare? Certo che no. Dobbiamo però attribuire alla memoria un ruolo diverso. Non aspettarci che essa guidi le nostre azioni. Bensì che nutra la nostra umanità. Che alimenti quel solido anticorpo di moralità che, unico e solo, può fare da argine all’errore.

Leggere ciò che una rispettabile famiglia ebrea ha provato man mano che le norme razziali venicano promulgate puntella dentro di noi un solido muro contro qualsiasi forma di etichettamento di un gruppo. Così come seguire la cronaca dell’inverno che si abbatte sulle migliaia di sfollati del Centro Italia ci impedisce di assuefarci alla banalità di una storia che riguarda troppa gente da troppo tempo.

 

Gabriele

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