Kepler e le virtù teologali

Kepler e le virtù teologali

Parliamo di Kepler con uno sguardo alla storia religiosa.

Cosa bisogna fare se si scopre un nuovo pianeta?

Quando si vede un abisso, la scorciatoia è buttarcisi dentro.

Io qui propongo che le virtù teologali servano a qualcosa, oltre che a fabbricare prediche: la fede per restare saldi nella certezza che il disegno c’è, per quanto disorientanti possano apparire le circostanze; la speranza per vedere in Kepler 452B la stessa occasione che i gesuiti seppero scorgere nel Paraguay; la carità per decidere di andare a evangelizzarlo, per non inaridire il dono.

Poiché la realtà imita la fantasia, la scoperta della Nasa è arrivata poco dopo l’uscita del nuovo romanzo di Michel Faber, “Il libro delle cose nuove e strane” (Bompiani), in cui un pastore protestante progressista e un po’ tonto va a esercitare il proprio ministero su un pianeta dove gli uomini progettano di rifugiarsi.

E predica fra dei cosini alti un metro e mezzo che leggono la Bibbia con qualche fatica e cantano “Amazing Grace” quasi con lo stesso trasporto di Obama.

Da questo predicatore dobbiamo prendere il senso del dovere, capire che la scoperta dell’altro ci riguarda come cristiani, che il dono va condiviso e che il vero fondamentale bene comunismo è diffondere il Vangelo – il resto seguirà.

L’immensa creazione ci stupisce

Sarà difficile. Saranno strani, saranno brutti, saranno scettici come gli imperatori cinesi di fronte ai gesuiti (sempre loro) che si affannavano a spiegare cosa c’entrasse un piccione con una vergine e un falegname.

Però sarà fantastico guadagnare al Signore un’anima così insperata e vederla scintillare nello spazio; e sarà anche bello perché ci renderemo conto che non importa la distanza siderale ma, se Dio ha creato qualcosa con un’anima, in essa ha instillato lo stesso istinto naturale a non uccidere né rubare né mentire che ha messo dentro di noi e che noi abbiamo affievolito con troppa civilizzazione.

 

Poi magari io scrivo queste congetture in fretta e furia e domani mattina loro decidono di venire qui, a evangelizzare questo pianeta in cui nessuno va più a messa.

Gabriele

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