La scoperta di Kepler influisce sulla religione

La scoperta di Kepler influisce sulla religione

Ecco come una scoperta scientifica può mettere in dubbio la struttura della religione.

La religione

Il problema con la scoperta di Kepler 452B, pianeta che esperti in astronomia poco versati in nomi poetici assicurano essere gemello della Terra, non è né l’apertura di mondi possibili né il turismo interplanetario né l’eventualità di trasferirci tutti lì per scappare dal riscaldamento globale: il problema è la religione.

Nel briefing coi colleghi della Nasa, John Grunfeld e Jon Jenkins sono stati cauti e vaghi, per quanto comprensibilmente entusiasti, ragion per cui non si capisce se su questo pianeta ci siano forme di vita paragonabili alla nostra.

Di sicuro c’è solo il possibile, ossia che la dimensione di Kepler 452B è comparabile a quella della Terra, che gli anni lassù sono della stessa lunghezza dei nostri, che appartiene al sistema di una stella paragonabile al Sole, che l’energia che ne riceve è superiore del 10 per cento quindi sostanzialmente uguale, e che quindi se c’è vita sulla Terra non si capisce – dalla prospettiva degli scienziati – perché non ce ne sia stata o magari non ce ne sia ancora su questo pianeta suo simile e fratello.

Rivoluzione religiosa

Non importa. Anche chi non capisce niente di scienza (quorum ego, ammetto) intuisce che il dado è tratto per una nuova rivoluzione religiosa, che molto verosimilmente a lungo andare cambierà il modo in cui percepiamo la nostra anima.

Per il cristianesimo sarà il terzo rivolgimento globale, dopo la scoperta che la Terra non fosse il centro dell’universo e la scoperta dell’America, ossia che esistessero selvaggi distanti un oceano che da millenni vivevano completamente ignari della Bibbia, della rivelazione, della vita eterna.

A questa difficoltà il cristianesimo ha fatto fronte egregiamente, al netto degli errori e delle violenze che un Las Casas aveva denunciato e che la storia ha provveduto a condannare: nella scoperta di civiltà estranee ha visto l’opportunità di partire e evangelizzarle, ritenendo che la rivelazione fosse un dono di Dio che funziona solo se spartito.

Gabriele

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